lunedì 30 luglio 2012

NON SOLO VINO: IL CALVADOS




Molti di voi rimarranno sorpresi nell’apprendere che questo nome un poco ‘spagnoleggiante’ si riferisce a un tipico prodotto francese distillato dal sidro di mele fin dal 1553 con il nome di "Eau de vie de cidre". 
Il Calvados è infatti  un'acquavite di sidro prodotta nella parte nord della Francia, in Normandia. Questa è l’unica regione della Francia dove non viene coltivata la vite e questo spiega il perché della nascita del Calvados in questa zona.
La produzione del "vino di mele" è molto vecchia e risale agli antichi romani. Per molto tempo il consumo di questa acquavite rimase locale, ebbe poi un notevole impulso all'inizio del secolo scorso quando la filossera distrusse la viticoltura di tutta Europa, mandando in crisi  i distillati ottenuti dal grappolo d'uva. Ebbero quindi vita facile i distillati di provenienza alternativa come Whisky e Calvados. Un altro momento importante per la notorietà di questo distillato fu durante la seconda guerra mondiale con lo sbarco in Normandia. Molti soldati conobbero e apprezzarono il Calvados, portandolo poi nelle loro terre d'origine.

Il Calvados è una A.O.C. di Normandia (Appellation d'Origine Contrôlée). In questa regione per la produzione del sidro vengono coltivate circa un centinaio di diverse varietà di mele.  Secondo le loro caratteristiche sono catalogate ognuna con un loro nome, da un apposito comitato per la frutta. Le più diffuse sono la Duret, la Bendor rossa, la Saint-Aubin e la Saint-Martin. Tutte queste varietà di mele sono essenzialmente divise in cinque categorie: les amères, les douce-amères, les douces, les acidulées e les aigres. Le tre caratteristiche più importanti sono proprio il dolce, l'acido e l'amaro. Il sidro non è mai ottenuto da una sola varietà di mela, ma è sempre una mescolanza di vari frutti con diverse caratteristiche proprio per ottenere un risultato finale più rotondo.
La frutta viene colta in autunno e poi lasciata ancora all'aria aperta a terminare la maturazione, poi viene tritata, macinata e pressata. Si ottiene un succo zuccherino che per fermentare avrà bisogno di circa un mese, al termine del quale il sidro fermentato dovrà riposare in cantina prima di essere distillato. I migliori Calvados si ottengano da un sidro "maturato" in cantina almeno un anno prima di essere distillato.
 
La distillazione avviene soprattutto con alambicchi continui a colonna oppure con alambicchi discontinui di tipo "charentais" come quelli usati per produrre il Cognac.
Per ottenere circa 100 litri di alcol puro servono circa 2,5 tonnellate di mele.
L’invecchiamento avviene generalmente in fusti di rovere con una  capacità che varia dai 200 ai 500 litri.
Il Calvados non è frutto di un'unica distillazione, questo succede piuttosto raramente, in genere è sempre la sapiente mescolanza di più distillati invecchiati per vari periodi e provenienti da diverse annate, per meglio assemblare il prodotto ed ottenere un risultato finale armonico. Come tutti i grandi distillati che rimangono in botte, il gusto del Calvados si affina e si evolve maggiormente con lunghi invecchiamenti.
Circa il 70% del Calvados viene venduto giovane, con i due anni minimi di invecchiamento, l'80% del distillato viene consumato in Francia.

Molti francesi amano bere al mattino il "café-calva" che non è altro che un caffè corretto con Calvados. Altra usanza francese è quella di bere d'un fiato durante oppure alla fine del pranzo un bicchierino di Calvados che dovrebbe servire per facilitare la digestione, chiamato "trou normand" letteralmente "buco normanno". 
Il Calvados invecchiato è un distillato da consumarsi a temperatura ambiente in bicchieri che ne possano esaltare i profumi come i classici ballon. Possiamo accompagnarlo con fette di mela essiccata o con frutta tropicale disidratata oppure semplicemente degustarlo meditando sui piaceri della vita.
                                                   (Richard Oversmith - Calvados, tart and apples)


Il quadro è stato inserito in omaggio ai simpatici partecipanti del mitico salotto artistico del lunedì

mercoledì 4 luglio 2012

LA MAGIA NEI SECOLI


                             IL GOBBO DI PERETOLA
             da Francesco Redi – medico e naturalista del 1600



A Peretola viveva un gobbo, molto afflitto per la sua deformità. Un giorno incontrò un altro gobbo, suo conoscente, il quale, dopo un certo viaggio, era tornato al paese bello e diritto, essendoli stata segata la gobba con grande maestria. Naturalmente l’amico gli chiese chi fosse il medico e in quale paese si trovasse l’ospedale ove si facevano sì belle cure.

Il buon gobbo, che non era più tale, raccontò che, trovandosi in viaggio, una notte aveva smarrito la strada. Gira e rigira, alla fine, per sua fortuna, si era trovato al noce di Benevento. Ivi stavano allegramente danzando moltissime streghe, con diavoli e stregoni.
Fermatosi di soppiatto a mirare quella tresca, fu scoperto da una strega e invitato al ballo, nel quale si comportò con tanta grazia, che tutti quanti se ne meravigliarono e lo presero a ben volere. Alla fine, dopo che ebbe fatto ballare una per una tutte le streghe senza dar mai segno di disgusto o di stanchezza, quelle megere si consultarono sul regalo da fargli.
Fatta portare una certa sega di burro, senza che egli avvertisse alcun dolore gli segarono la gobba; poi, con un impiastro di marzapane, gli sanarono subito la cicatrice, rimandandolo a casa bello e guarito.

Il gobbo di Peretola, durante il racconto, se ne stette zitto zitto. Ma il giorno seguente si mise in viaggio e tanto girò e tanto domandò, che alla fine giunse anch’egli in cospetto del famoso noce di Benevento.
Al chiar di luna, la tresca delle streghe con gli stregoni e dei diavoli con le diavolesse, accompagnata dalla musica più assordante, era in pieno svolgimento.
Una strega vide il nuovo gobbo e allora, atteggiando a sorriso il suo orrido ceffo, lo invitò alla danza. Quel di Peretola, pensando alla ricompensa che avrebbe potuto ricavarne, reprimendo il disgusto, cominciò a ballare. Ma mai si vide ballerino più maldestro e sgraziato: ora pestava il piede alla sua dama, ora la coda a una diavolessa vicina. Giunto appena al terzo giro, vinto dal ribrezzo e dalla stanchezza, si ritirò dalla tresca e si mise a sedere in un angolo, tergendosi il sudore.
Subito streghe e diavolesse, indignate per tanta malagrazia, si riunirono per decidere la punizione.
Fatta venire in un catinella la gobba segata al primo gobbo e facendo uso di pece tenacissima, gliel’appiccicarono sul petto.
In tal modo egli, che era andato al noce di Benevento per guarir della gobba di dietro, se ne tornò al paese gobbo anche davanti.