domenica 25 novembre 2012

ABBINAMENTO VINO E TAROCCHI - L'IMPERATORE




La Carta dell’Imperatore mostra un uomo maturo incoronato da due teste d’ariete. Il mantello rosso è ricamato con emblemi dorati e sulla testa poggia un’enorme corona. Nella mano destra tiene uno scettro con la testa d’ariete e nella sinistra una sfera coronata dalla croce di Malta.
La somiglianza con la carta dell’Imperatrice è sorprendente, in quanto sono molti i motivi che ritroviamo in entrambe le carte. Il volto dell’Imperatore è rivolto a destra e quindi avvicinando le carte si ha l’impressione che le due figure si guardino. La differenza tra i due personaggi è invece importante. Mentre l’Imperatrice volge lo sguardo a sinistra, cioè al futuro, l’Imperatore volge lo sguardo a destra, cioè al passato. I colori dell’Imperatrice sono pastello, simbolo di fertilità, mentre il colore dominante dell’Imperatore è il rosso profondo, che rappresenta la volontà di strutturare il mondo femminile.
I simboli del potere dell’Imperatore sono lo scettro, che rappresenta l’ambizione e la volontà, e la sfera, che rappresenta il simbolo del dominio sul mondo. L’imperatore rappresenta le cose lineari, il desiderio di stabilità e continuità.

Nell’ambito lavorativo l’Imperatore indica che i progetti possono essere realizzati dopo un attento controllo critico. Il sovrano significa concetti chiari e disciplina con il rischio di un’eccessiva rigidità.

Nei rapporti personali questa carta indica il desiderio di chiarezza per raggiungere rapporti affidabili. C’è però il pericolo di catalogare in questo modo i sentimenti per non lasciarsi sopraffare dagli istinti. Questo può portare a dei sentimenti repressi e a forme di comportamento limitate o rigide.



La scelta del vino da abbinare a questa carta è stata relativamente facile in quanto penso che le caratteristiche dell’Imperatore si possono ritrovare nei Super Tuscan, dove la ragione prevale sul sentimento. 

I super Tuscan sono tutti quei vini che vengono prodotti nel territorio toscano e non hanno un disciplinare come gli altri vini doc e docg e che quindi possono essere prodotti con diversi tipi di uve. Quasi tutti subiscono un invecchiamento in barriques per circa dodici quattordici mesi e possono essere messi in commercio quando un produttore lo desidera.

La nascita di questa denominazione risale agli anni settanta e ben presto, grazie anche a una massiccia azione di marketing, questi vini vengono venduti in tutto il mondo.
I Super Tuscan, ovvero i Toscani super, possono essere considerati i campioni dell'enologia più che della viticultura toscana, internazionalizzati in ogni aspetto, dalla scelta delle uve (Cabernet, Merlot, Syrah) alle tecniche di vinificazione.

Sicuramente il risultato è eccellente, ma non tanto da giustificare il prezzo, che per alcuni vini (Sassicaia, Ornellaia, Tignanello ecc.) raggiunge cifre astronomiche.
Un'azione di marketing veramente sorprendente e 'appagante' che per contro ha dimenticato i vini storici, i Brunello di Montalcino, i Vino Nobile di Montepulciano, i Carmignano, il Chianti Classico.



Le ragioni del business prevalgono sulle ragioni del cuore, forse sarà per questo e non solo per il prezzo che non sono i miei vini preferiti.





lunedì 15 ottobre 2012

venerdì 5 ottobre 2012

SATURNO



Non potevo sicuramente tralasciare nel mio blog questo importante cambiamento astrologico: oggi, 5 ottobre, alle ore 23.45 solari Saturno entra nel segno dello Scorpione, dove resterà fino al 18 settembre 2015.


Saturno è il pianeta considerato “maestro di vita”, è il pianeta del tempo che passa inesorabile, della fatalità, della maturità, della riflessione, del metodo, della pazienza, dei risultati conquistati magari faticosamente e per questo più solidi.

Il pianeta soffre di un’immeritata fama di menagramo che trae origine dalla mitologia. Il dio Saturno aveva l’abitudine di divorare i suoi figli per sbarazzarsi di eventuali rivali, la moglie Opi gli fece ingoiare pietre salvando, tra gli altri, Giove che lo detronizzò e lo esiliò sulla terra. Saturno riparò in Italia, fondò la città di Saturnia e iniziò un dominio così saggio ed equo da essere ricordato come l’età dell’oro. Dunque, tanto malvagio non doveva essere o, meglio, aveva imparato la lezione liberando il meglio di sé.




In astrologia, quando è favorevole, il pianeta indica successi destinati a durare, magari frutto di un lungo lavoro preparatorio, quando è negativo indica che sono necessari cambiamenti, che forse si hanno pretese eccessive, che è il caso di darsi qualche traguardo intermedio invece di tendere subito alla meta finale.


 
La fama di Saturno ha dato spunto anche al grande regista turco Ferzan Ozpetek per la realizzazione del bellissimo film ‘Saturno contro’, che consiglio di vedere a chi se lo fosse perso, soprattutto nel caso si trovasse da oggi Saturno in opposizione.



Quando lo si riceve in aspetto positivo, Saturno indica che si può fare un eccellente uso dell’esperienza acquisita per dare stabilità alla propria vita sociale, professionale e sentimentale, nello Scorpione è a favore del lavoro, della tenacia, dell’abilità strategica in difesa e in offesa che, però, non viene esercitata se non si è attaccati. Sul piano pratico favorisce i matrimoni tra persone non più giovanissime, magari dopo una lunga convivenza. 
Quando è negativo indica ambizione smodata, spirito vendicativo e la tendenza a creare tensioni.

Saturno in Scorpione è in aspetto positivo per  Cancro, Vergine, Scorpione, Capricorno e Pesci, mentre è in aspetto negativo per Toro, Leone e Aquario. Lo ricevono in aspetto neutro Ariete, Gemelli, Bilancia e Sagittario.




Naturalmente occorre la lettura del tema natale per valutare quanto questo Saturno in Scorpione ‘peserà’ per ciascuno di noi.

lunedì 10 settembre 2012

LA SUPERSTIZIONE ovvero nessuno è più superstizioso degli scettici




Non è vero ma ci credo … eh sì, ammettere di essere superstiziosi per alcuni viene vista come una forma di debolezza e non come il cercare di dare una forma alle nostre paure. Eppure anche se non lo ammettiamo sono tante le paure che ci assalgono e tante sono di conseguenza le superstizioni. Non volendo tediarvi con un lunghissimo elenco, mi limiterò a qualche curiosità, legata soprattutto agli argomenti trattati in questo blog.
Ritengo sia d’obbligo cominciare con …

          Il Gatto Nero
In numerose credenze viene considerato un segno sia negativo (nella maggior parte dei casi) che positivo. Nella Roma antica i condannati a morte venivano chiusi in un sacco insieme a un gatto nero e gettati nel Tevere.  Nei roghi medioevali insieme alle streghe venivano bruciati anche i gatti. Secondo una credenza molto diffusa era Satana in persona a fornire alla strega un gatto nero. Alle caratteristiche   considerate    generalmente inquietanti  dei felini, si aggiungeva   quello   ancora più negativo del colore nero, simbolo    dell’oscurità   e   del male.
Le connotazioni negative non sono le uniche diffuse e spesso uno stesso simbolo può cambiare significato da una cultura all’altra. In Italia un gatto nero che ti attraversa la strada è considerato un segno di malaugurio  (ancora di più se passa da sinistra a destra), mentre nel mondo anglosassone il gatto nero è segno augurale e la sposa che ne incontra uno viene considerata fortunata.


 
     Il Vino    
Simbolo di amicizia tra gli uomini e gli dei per gli antichi greci, il vino è oggetto di numerosissime credenze. Si crede che il vino rovesciato in tavola porti fortuna così come intingere le dita e bagnarsi dietro le orecchie porti denaro. Al contrario si crede che porti sfortuna versare il vino con la mano rovesciata, probabilmente perché in passato questo gesto era usato dai traditori per indicare agli assassini la vittima designata.

                La Luna                  
Alla luna viene attribuito un carattere femminile da cui scaturiscono poteri fecondanti. In tutto il mondo è diffusa la credenza secondo cui la luna in fase crescente determini abbondanza. Questo periodo è il più propizio per la semina e il taglio di tutto ciò che debba crescere e prosperare e questo vale anche per i capelli e per le unghie.
Per quanto riguarda l’aspetto fecondativo, è considerata credenza universale che per dare alla luce un figlio maschio si debba concepirlo in fase di luna crescente, una femmina in fase di luna calante. Inoltre un figlio che nasce con la luna nuova si ritiene sarà più fortunato e longevo.
La luna piena è invece temuta, probabilmente per l’antico ostracismo della Chiesa verso il culto lunare e l’identificazione della luna con il demonio. Secondo questa tradizione, la luna aiuterebbe la nascita di sortilegi e trasformerebbe l’uomo in lupo mannaro portandolo alla follia. Il nesso tra la luna piena e la perdita di senno è ancora oggi molto vivo, soprattutto nelle campagne dove si crede non sia opportuno dormire al chiaro di luna.



           La Birra          
La birra era conosciuta già dai babilonesi e in seguito fu molto apprezzata anche da greci ed egizi. Nel Medio Evo la produzione  della birra fu salvaguardata e migliorata dai monaci. Nei paesi del Nord Europa, dove se ne produceva la maggior quantità, si credeva che dai quattro angoli del locale in cui si preparava la birra spiassero spiriti maligni, che andavano neutralizzati con abbondanti spruzzi di mosto. Di notte poi si lasciava nel locale il gatto di casa (che non era necessariamente nero) con il compito di spaventare e mettere in fuga questi spiritelli, che protetti dal buio cercavano di rubare la birra. In Italia invece, in particolare nel Trentino Alto Adige, una volta pronta la birra, si doveva berla soltanto in stato di buonumore in quanto si credeva che questo si trasmettesse alla bevanda, inoltre per non renderla fiacca andava bevuta in piedi. Per impedire poi agli spiritelli maligni di inacidirla, la prima degustazione andava fatta in direzione del sole.



E per finire un paio di .. ‘’ lo sapevate che ’’ ..

Sia presso i babilonesi che gli antichi romani, i novelli sposi, dopo il matrimonio, erano soliti mangiare del miele per la durata di ‘una luna’ viste le virtù corroboranti di questo alimento. Da qui l’origine dell’espressione ‘luna di miele’.

Un ‘rimedio’ usato dagli uomini per allontanare la sfortuna è toccarsi le ‘parti basse’. E allora le donne cosa possono fare? Semplicemente toccarsi il seno sinistro con la mano destra.

lunedì 30 luglio 2012

NON SOLO VINO: IL CALVADOS




Molti di voi rimarranno sorpresi nell’apprendere che questo nome un poco ‘spagnoleggiante’ si riferisce a un tipico prodotto francese distillato dal sidro di mele fin dal 1553 con il nome di "Eau de vie de cidre". 
Il Calvados è infatti  un'acquavite di sidro prodotta nella parte nord della Francia, in Normandia. Questa è l’unica regione della Francia dove non viene coltivata la vite e questo spiega il perché della nascita del Calvados in questa zona.
La produzione del "vino di mele" è molto vecchia e risale agli antichi romani. Per molto tempo il consumo di questa acquavite rimase locale, ebbe poi un notevole impulso all'inizio del secolo scorso quando la filossera distrusse la viticoltura di tutta Europa, mandando in crisi  i distillati ottenuti dal grappolo d'uva. Ebbero quindi vita facile i distillati di provenienza alternativa come Whisky e Calvados. Un altro momento importante per la notorietà di questo distillato fu durante la seconda guerra mondiale con lo sbarco in Normandia. Molti soldati conobbero e apprezzarono il Calvados, portandolo poi nelle loro terre d'origine.

Il Calvados è una A.O.C. di Normandia (Appellation d'Origine Contrôlée). In questa regione per la produzione del sidro vengono coltivate circa un centinaio di diverse varietà di mele.  Secondo le loro caratteristiche sono catalogate ognuna con un loro nome, da un apposito comitato per la frutta. Le più diffuse sono la Duret, la Bendor rossa, la Saint-Aubin e la Saint-Martin. Tutte queste varietà di mele sono essenzialmente divise in cinque categorie: les amères, les douce-amères, les douces, les acidulées e les aigres. Le tre caratteristiche più importanti sono proprio il dolce, l'acido e l'amaro. Il sidro non è mai ottenuto da una sola varietà di mela, ma è sempre una mescolanza di vari frutti con diverse caratteristiche proprio per ottenere un risultato finale più rotondo.
La frutta viene colta in autunno e poi lasciata ancora all'aria aperta a terminare la maturazione, poi viene tritata, macinata e pressata. Si ottiene un succo zuccherino che per fermentare avrà bisogno di circa un mese, al termine del quale il sidro fermentato dovrà riposare in cantina prima di essere distillato. I migliori Calvados si ottengano da un sidro "maturato" in cantina almeno un anno prima di essere distillato.
 
La distillazione avviene soprattutto con alambicchi continui a colonna oppure con alambicchi discontinui di tipo "charentais" come quelli usati per produrre il Cognac.
Per ottenere circa 100 litri di alcol puro servono circa 2,5 tonnellate di mele.
L’invecchiamento avviene generalmente in fusti di rovere con una  capacità che varia dai 200 ai 500 litri.
Il Calvados non è frutto di un'unica distillazione, questo succede piuttosto raramente, in genere è sempre la sapiente mescolanza di più distillati invecchiati per vari periodi e provenienti da diverse annate, per meglio assemblare il prodotto ed ottenere un risultato finale armonico. Come tutti i grandi distillati che rimangono in botte, il gusto del Calvados si affina e si evolve maggiormente con lunghi invecchiamenti.
Circa il 70% del Calvados viene venduto giovane, con i due anni minimi di invecchiamento, l'80% del distillato viene consumato in Francia.

Molti francesi amano bere al mattino il "café-calva" che non è altro che un caffè corretto con Calvados. Altra usanza francese è quella di bere d'un fiato durante oppure alla fine del pranzo un bicchierino di Calvados che dovrebbe servire per facilitare la digestione, chiamato "trou normand" letteralmente "buco normanno". 
Il Calvados invecchiato è un distillato da consumarsi a temperatura ambiente in bicchieri che ne possano esaltare i profumi come i classici ballon. Possiamo accompagnarlo con fette di mela essiccata o con frutta tropicale disidratata oppure semplicemente degustarlo meditando sui piaceri della vita.
                                                   (Richard Oversmith - Calvados, tart and apples)


Il quadro è stato inserito in omaggio ai simpatici partecipanti del mitico salotto artistico del lunedì

mercoledì 4 luglio 2012

LA MAGIA NEI SECOLI


                             IL GOBBO DI PERETOLA
             da Francesco Redi – medico e naturalista del 1600



A Peretola viveva un gobbo, molto afflitto per la sua deformità. Un giorno incontrò un altro gobbo, suo conoscente, il quale, dopo un certo viaggio, era tornato al paese bello e diritto, essendoli stata segata la gobba con grande maestria. Naturalmente l’amico gli chiese chi fosse il medico e in quale paese si trovasse l’ospedale ove si facevano sì belle cure.

Il buon gobbo, che non era più tale, raccontò che, trovandosi in viaggio, una notte aveva smarrito la strada. Gira e rigira, alla fine, per sua fortuna, si era trovato al noce di Benevento. Ivi stavano allegramente danzando moltissime streghe, con diavoli e stregoni.
Fermatosi di soppiatto a mirare quella tresca, fu scoperto da una strega e invitato al ballo, nel quale si comportò con tanta grazia, che tutti quanti se ne meravigliarono e lo presero a ben volere. Alla fine, dopo che ebbe fatto ballare una per una tutte le streghe senza dar mai segno di disgusto o di stanchezza, quelle megere si consultarono sul regalo da fargli.
Fatta portare una certa sega di burro, senza che egli avvertisse alcun dolore gli segarono la gobba; poi, con un impiastro di marzapane, gli sanarono subito la cicatrice, rimandandolo a casa bello e guarito.

Il gobbo di Peretola, durante il racconto, se ne stette zitto zitto. Ma il giorno seguente si mise in viaggio e tanto girò e tanto domandò, che alla fine giunse anch’egli in cospetto del famoso noce di Benevento.
Al chiar di luna, la tresca delle streghe con gli stregoni e dei diavoli con le diavolesse, accompagnata dalla musica più assordante, era in pieno svolgimento.
Una strega vide il nuovo gobbo e allora, atteggiando a sorriso il suo orrido ceffo, lo invitò alla danza. Quel di Peretola, pensando alla ricompensa che avrebbe potuto ricavarne, reprimendo il disgusto, cominciò a ballare. Ma mai si vide ballerino più maldestro e sgraziato: ora pestava il piede alla sua dama, ora la coda a una diavolessa vicina. Giunto appena al terzo giro, vinto dal ribrezzo e dalla stanchezza, si ritirò dalla tresca e si mise a sedere in un angolo, tergendosi il sudore.
Subito streghe e diavolesse, indignate per tanta malagrazia, si riunirono per decidere la punizione.
Fatta venire in un catinella la gobba segata al primo gobbo e facendo uso di pece tenacissima, gliel’appiccicarono sul petto.
In tal modo egli, che era andato al noce di Benevento per guarir della gobba di dietro, se ne tornò al paese gobbo anche davanti.

domenica 3 giugno 2012

ABBINAMENTO VINO E TAROCCHI - L'IMPERATRICE



L'immagine mostra una donna coronata su un trono le cui colonne vengono simboleggiate da fiamme contorte. Il corpo è girato: torace e braccia sono diretti in avanti, faccia e ventre, invece, sono girati verso sinistra, ossia verso futuro. Il busto forte indica la forza materna e il loto fiorito che tiene nella mano la fecondità.
L'aquila bicipite è il simbolo del cambiamento e della rinascita. Il pellicano che nutre i piccoli con il proprio sangue è un segno di infinita dedizione e di amore materno.

Nell'Imperatrice riconosciamo la Grande Madre che sta all'origine di tutte le forme di vita. Ella è la forza infinita della natura, la fonte incessante che mostra il nostro potenziale creativo e la nostra capacità di creare delle novità. Ella rappresenta anche la necessità di sciogliere le vecchie strutture della vita per lasciare spazio a quelle nuove per riuscire a scoprire il mistero della vita.

Nell'ambito lavorativo questa carta significa che ci troviamo in una fase nella quale vengono liberate grandi energie. La carta significa anche la volontà di cambiare, rinnovare, crescere e impegnarsi in altri rami della vita lavorativa. Sia nel settore materiale, che in quello emotivo, questa carta rafforza la necessità di aprirsi alle influenze esterne, di farsi penetrare dalla loro forza e crearne qualcosa di nuovo.

Nella relazione questa carta significa cambiamenti e innovazioni. Ci possono essere sviluppi generalmente piacevoli, oppure possiamo incontrare il suo aspetto scuro che ci costringe a dare nuove fondamenta ai sentimenti. Anche se, finchè non saranno eliminati tutti i vecchi involucri delle emozioni vuote, l'anima dovrà prima passare attraverso il fuoco. Solo dopo ci sentiremo in grado di creare una nuova base emotiva sulle esperienze del passato e di intraprendere nell'anima un nuovo legame che porti in sè la capacità di cambiamento.


Mi riconosco in questa carta e quindi non posso che abbinarla a uno dei vini che preferisco, il merlot. C’è poi un’altra ragione che scoprirete alla fine, se avrete la pazienza di leggere …

Secondo recenti indagini storiche, pare che questo vitigno sia stato notato per la prima volta in Francia intorno al 1850 alla foce della Garonna, dove i viticoltori nel loro dialetto tra il francese e lo spagnolo, lo chiamavano: “lou seme dou flube”, il seme del fiume.
Il merlot secondo altre ricerche arriva dalla parte atlantica dei Pirenei e deve il suo nome al colore delle bacche simili al colore delle piume del merlo.

In Italia il merlot ci è arrivato al seguito delle truppe napoleoniche che pare portassero le barbatelle di alcuni vitigni francesi per colonizzare il territorio conquistato.
Il merlot è presente in alcune regioni italiane, in Lombardia, in Friuli, in Toscana, nel Lazio,  in Campania e in Sicilia, dove ha ottenuto un successo incredibile, andando a completare la gamma di vini rossi della regione.

Il merlot è un vino dotato di buona versatilità, quando giovane e poco alcolico si può consumare a tutto pasto, in abbinamento a primi piatti con ragù di carne; più invecchiato e strutturato con carni di manzo o cacciagione; ottimo sui formaggi, anche stagionati.

Quando si parla di Merlot non si può dimenticare Château Petrus.


Petrus è l’icona di Pomerol (Bordeaux), probabilmente il rosso che più attrae, conosciuto da appassionati e non, da collezionisti di tutto il mondo, tanto che una bottiglia può costare 2000, 3000, 4000 euro a seconda dell’annata e dalla circostanza.


Certo si potrebbe discutere ore, giornisull’elevatissimo prezzo, se giustificabile o meno in rapporto al valore del vino. Resta il fatto che Petrus è entrato nell’olimpo dei vini quindi sfugge a ogni ragione logica; pensate sia corretto il prezzo di una borsa di Louis Vuitton o un abito di Prada … ?

Chi mi conosce sa bene che non sono avvezza a degustare e parlare di questi vini, bottiglie destinate a portafogli molto ben riforniti e indicate a quelle persone che fanno dell’etichetta un vanto. Però, una volta nella vita, vorrei proprio degustare 'ce vin de femme qui plâit aux hommes' ... da vera imperatrice …


   

lunedì 23 aprile 2012









Viaggiando nel mondo del vino è quasi d’obbligo passare per la Francia. Il nostro itinerario non tocca questa volta le classiche mete della Champagne o del Bordeaux, ma si dirige verso il sud, meno conosciuto ma altrettanto interessante.

La meta è la Languedoc Roussillon e il vino da degustare è il Muscat de Rivesaltes, vin doux naturel.   





Questo vino viene prodotto in novanta comuni dei Pirenei Orientali e nove comuni della regione dell’Aude. La zona di produzione è delimitata a est dal Mediterraneo, a sud dalla Spagna e a ovest dai Pirenei, niente male direi !





I vitigni sono due: il Muscat à Petits Grains e il Muscat d’Alexandrie (meglio conosciuto in Italia come Zibibbo). L’intensità del Moscato d’Alessandria porta aromi di frutti maturi e di rosa. La finezza e la freschezza del Muscat à petit grains porta profumi di frutti esotici, di menta e di limone.


I Muscats giovani hanno un colore oro pallido con degli aromi che ricordano la pesca, il limone, il mango e la menta. Dopo qualche anno, il colore prende dei riflessi ambrati e l’aroma si evolve verso note di miele e albicocca sciroppata.


Se decidiamo di organizzare il nostro tour in questa zona durante l’inverno, possiamo avere la piacevole sorpresa di degustare il Muscat de Noël: è il primo Muscat dell’anno che viene commercializzato a partire dal terzo giovedì di novembre fino alla fine di gennaio. Nel caso dovessimo rimandare il viaggio, dal primo febbraio ci sarà in commercio il resto della produzione.

Vino dolce naturale che cosa vuol dire? Il Muscat de Rivesaltes, come altri vini dolci naturali della zona, è prodotto con un procedimento che è attribuito a Arnau de Vilanova, medico alchimista del XIII secolo : la fermentazione viene bloccata con l’aggiunta di alcool a 96 gradi.

Il titolo alcolometrico di questo vino va dai 15° ai 21°. Per conservare tutti gli aromi di frutta fresca, il Muscat è generalmente imbottigliato abbastanza presto. Può essere poi conservato in cantina e allora il colore diventa ambrato e il gusto aumenta di potenza con l’età.

Lo serviamo come aperitivo, quindi a una temperatura di 6-8 gradi oppure con il dolce, magari con un paio di gradi in più.

E se decidete veramente di partire per degustare sul posto questa delizia, non dimenticatevi di fare un salto a visitare il magico castello di Carcassone.

Buon viaggio e buona degustazione (sempre con moderazione).

domenica 1 aprile 2012

Dall'Europa Orientale ... una fiaba

                                           I TRE CAPELLI D’ORO

Una volta, una notte nera e profonda, una di quelle notti in cui la terra è nera e gli alberi paiono mani rugose e il cielo è di un blu profondo, un vecchio attraversava barcollando un bosco, mezzo accecato dai rami degli alberi che gli graffiavano la faccia. In una mano teneva una piccola lanterna. La candela nella lanterna mandava una luce sempre più fioca. L’uomo aveva lunghi capelli gialli, denti gialli e unghie ricurve e gialle. Era tutto curvo, e la schiena era arrotondata come un sacco di farina. Era tanto segnato dalle rughe che la pelle pendeva in pieghe e falde dal mento, dalle ascelle e dalle anche.
Si afferrava a un albero e poi avanzava un poco, e poi si afferrava a un altro albero e riprendeva il cammino, e così, respirando a fatica e come remando andava avanti nel bosco.
Tutte le ossa dei piedi gli dolevano e bruciavano come fuoco. I gufi sugli alberi stridevano insieme alle sue giunture mentre si spingeva avanti nell’oscurità.
In lontananza si scorgeva una piccola luce tremolante, una casetta, un fuoco, un posto per riposare, e faticosamente si diresse verso quella piccola luce. Quando arrivò alla porta, era così stanco, così esausto; la piccola luce della lanterna si spense e il vecchio crollò contro la porta.
Dentro c’era una vecchia seduta accanto a un bel fuoco raggiante, e gli corse accanto, lo raccolse nelle sue braccia e lo portò accanto al fuoco. Lo tenne tra le braccia come una madre tiene il suo bambino. Si sedette sulla sua sedia a dondolo e lo cullò. Eccoli, il povero fragile vecchio, un mucchietto di ossa, e la forte vecchia che lo cullava avanti e indietro dicendo: “Ecco, ecco”.
E lo cullò per tutta la notte, e verso l’alba era diventato un uomo molto giovane, un bellissimo giovane dai capelli d’oro e dalle forti membra. E lei continuava a cullarlo.
Stava per spuntare l’alba quando il giovane era diventato un bambino piccolissimo e stupendo con i capelli d’oro intrecciati come grano.
Allo spuntar dell’alba, la vecchia si affrettò a strappare tre capelli dalla bella testolina del bambino e li gettò sulle mattonelle, e cadendo produssero un lungo suono cristallino.
E il bimbetto che teneva tra le braccia scivolò giù dal suo grembo e corse alla porta. Si voltò un attimo a guardare la vecchia, le sorrise di un sorriso luminosissimo, poi si volse e volò in cielo per diventare lo splendido sole del mattino.

giovedì 29 marzo 2012

ABBINAMENTO TAROCCHI VINO

                                                            


                               2 - LA PAPESSA

Guardando la carta si vede una figura misteriosa che tiene tra le mani un grande velo, le cui maglie fini coprono quasi tutta la carta, ma perdono la loro tensione nella zona superiore rivelando una parte della dea. Nonostante tutto non è chiaramente riconoscibile, poichè tra lei e lo sguardo dello spettatore sono state introdotte delle sfere di luce.
La corona sulla sua testa simboleggia le tre fasi della Luna. La parte inferiore è completamente nascosta dalla rete. Sulle sue ginocchia vediamo arco e freccia, i simboli della dea egizia Nut.

Nella figura della Papessa si può trovare  tutto ciò che si sottrae al pensiero, che giace nelle profondità dell'inconscio e che trapela soltanto nei messaggi dei nostri sogni e delle nostre visioni. Mentre il Bagatto rappresenta la capacità di confrontarsi con il mondo esteriore, il velo della Papessa cela il mondo interiore nascosto alle sue spalle.
La Papessa domina le forze inconscie e intuitive, il suo è il mondo della saggezza lunare. Si tratta del livello di dormiveglia nel quale, nei sogni, vengono preparate le esperienze prima che queste possono diventare realtà. Con il suo lato chiaro, la Papessa è espressione di indulgenza e di comprensione. Con suo lato oscuro, invece, attraverso la potenza delle sue forze interiori, può sedurre, paralizzare oppure danneggiare gli altri.


Spiritualmente la carta descrive un periodo nel quale indirizziamo la nostra attenzione verso l'inconscio e le immagini dell'anima, concedendoci a fantasie e sogni creativi.

Nella vita professionale la Papessa significa che il nostro campo di azione corrisponde alla carta (terapeuti o esoterici), oppure può significare che con pazienza affrontiamo i nostri impegni quotidiani sempre disponibili ad assimilare nuovi impulsi e stimoli, senza però far dipendere l'ultima decisione dalle circostanze esterne. Questo può portare a un'esperienza che ci renderà felici, a essere guidati dagli angeli (da una voce interiore) oppure può degenerare in un comportamento capriccioso e imprevedibile.

Nei nostri rapporti personali la Papessa rappresenta comprensione, profonda simpatia, vicinanza e affinità dell'anima e, non ultimo, un vincolo invisibile che ci unisce al partner. Nei periodi nei quali viviamo da soli, la Papessa è la nostra guida interiore per vicinanza, unione dell'anima e scambio di energia.







Il vino che ho scelto in abbinamento è la Vernaccia di Oristano perché, come la Papessa, è avvolta in un velo di mistero. E, come la Papessa, ci accompagna verso il nostro mondo interiore nei momenti di meditazione.  



La Vernaccia è un vitigno bianco  tipico della bassa valle del Tirso, in provincia di Oristano.
 L’ubicazione della sua ristretta area di diffusione induce ad ipotizzare che sia stato introdotto in Sardegna dai Fenici, fondatori della città portuale di Tharros.


La Vernaccia in Sardegna è comunque il simbolo della storia e della cultura oristanese ed ha anche un retroterra leggendario in quanto la tradizione vuole che abbia origine dalle lacrime di Santa Giusta, patrona di Oristano, e che abbia proprietà terapeutiche contro la malaria, che nei secoli scorsi infestava queste zone paludose.



Dal vitigno Vernaccia è oggi prodotto un vino da meditazione molto famoso e apprezzato, la Vernaccia di Oristano DOC, dal colore giallo ambrato e dal sapore mandorlato, che raggiunge un’alta gradazione alcolica (15°-16°). L’uva, che presenta un grappolo piccolo e serrato e ha acini tondi, è vendemmiata alla fine di settembre, quando raggiunge la giusta concentrazione zuccherina. Attraverso un naturale processo di ossidazione per opera di una particolare flora di lieviti (“flor”) e l’invecchiamento per tre, quattro anni in botti di rovere o castagno parzialmente scolme, si riesce ad ottenere un prodotto unico e caratteristico.